Marta Maria Casetti

Jun 17, 2016

Ha sparato a dei froci

Tranquilli, non è un attacco all’Occidente Tutto. Magari lo fosse.

Nota linguistica/politica

La lingua italiana non ha insulti per le lesbiche, lasciamo stare i bisessuali. Probabilmente perché non esistiamo: le lesbiche perché manca il cazzo quindi non conta come sesso, i bisessuali perché sono ancora esseri mitici che non si sono decisi. Questo non ci mette al riparo dall’essere discriminati, pestati, ammazzati; o almeno di trovarsi davanti ogni giorno gesti o eufemismi dolorosi.

Di seguito userò la parola frocio: spero che i gay maschi, tradizionali detentori del titolo, non se ne abbiano a male. È intesa come un termine collettivo per tutti i sottintesi, per tutte le spiegazioni di come essere sposata con un uomo non cancella il fatto che mi piacciono le donne e viceversa, per tutte le volte che meglio se non ti vieni a truccare con noi prima della festa, potresti mettere in imbarazzo quelle che sanno che…

Orlando, 12 giugno 2016

Massacro di Orlando: il 12 giugno 2016, Omar Mateen uccide quarantanove persone, quasi tutti gay latinoamericani, nel club gay Pulse di Orlando. È il massacro (civile) più sanguinoso della Storia americana.

Lasciamo stare il fatto che l’ISIS dichiara la responsabilità di qualunque attentato fatto a suo nome, anche se non è stato dato supporto di alcun tipo. Brillante mossa tattica per il loro vieni con noi contro tutti gli altri: tanta gente che si fa fuori per te senza che tu debba sganciare un centesimo. Anche la CIA dice che l’ISIS non c’entra, per dire. Ma passiamo oltre.

Non parliamo della mancanza di educazione religiosa in Italia (alla faccia dell’Ora di Religione, o forse grazie a quella) per cui si ignora che i musulmani (come gli ebrei e i protestanti) non hanno un Papa che dà una linea univoca, e quindi ci sono almeno trecento modi di essere musulmani. Mi chiedo se anche i musulmani hanno delle barzellette come quella del protestante (o dell’ebreo) sull’isola deserta, ma passiamo oltre.

E tagliamo il ritornello signora maestra l’ha fatto anche lui, i gay stanno peggio in Iran: non attacca, con me. So per esperienza diretta che è meglio essere gay a Londra che a Pavia, conosco abbastanza persone, etero e non, che sono nate o vissute in Paesi dove essere gay è illegale, non sono stupida. Non essendo stupida posso anche notare, allo stesso tempo, che il sosia di Frodo Baggins che andava a far esplodere roba al Pride di Los Angeles era bianco-anglosassone-protestante. Ma passiamo oltre.

(Lo stronzo di origini mediorientali aveva un fucile semiautomatico, lo stronzo bianco voleva mettere bombe. E uno dice che il melting pot non esiste. Qui è meglio della cucina Tex-Mex, anche se lievemente più letale.)

Il punto è semplice: il terrorista ha sparato a dei froci.

Ha sparato a dei froci perché sono froci.

Non è una bomba nella metropolitana. È una bomba in una sinagoga con una bella svastica e il Mein Kampf in allegato.

Questa non è un attacco all’Occidente Tutto.

Questa è una tragedia della comunità gay, lesbica, bisessuale, pansessuale, transgender, queer, intersex, genderqueer, asessuale, tutte quelle lettere che come facciamo a ricordarle tutte non stiamo esagerando?

Vi piace pensare che fosse un attacco all’Occidente Tutto? Mi dispiace, avete perso la vostra occasione perché lo fosse.

Cari etero, dove eravate prima?

Dove eravate quando vostra cugina vi proponeva di farle da testimone al matrimonio in chiesa che fa sempre più bello e poi il Papa adesso è tanto buono? Avete fatto notare che il Papa Sfacciottino Amoroso considera i trans un’obbrobrio al pari della bomba atomica? Avete deciso di non pensare alla generosa offerta che veniva data a quella Chiesa in cambio della bella scenografia?

Quando tutti ripetevano l’ultima barzelletta del Noto Fumettista sul travone-col-cazzo-lungo-che-risate (ovviamente al maschile), vi è passata per la mente l’aspettativa di vita di una donna trans di colore negli Stati Uniti? Trentacinque anni, più o meno. Tipo Medioevo. Forse non lo sapevate, certo. Non ve lo siete mai chiesto. Vi rendete conto di che lusso sia, non immaginarvi nemmeno la domanda?

Vi siete annoiati di tutto questo politicamente corretto? Di tutte queste parole nuove? Che cazzo è il gender? Ci sono tre sessi, ora? Cos’è la differenza tra gay e trans? Non sono concetti più difficili della regola del fuorigioco, suvvìa, non siete stupidi e potete iniziare da wikipedia, addirittura in italiano (questa pagina inglese è un po’ meglio, però).

Non ne potete più di tutte queste serie televisive in cui finisce sempre che almeno un personaggio è gay, che noia? Benvenuti nel nostro mondo in cui tutti sono etero fino a prova contraria, a partire dalla domanda ma ce l’hai il fidanzatino? a sei anni.

A proposito: questa è una gran bella serie a fumetti adatta anche a un bambino di otto anni, ci sono ragazzine lesbiche e trans, considerate di regalarla al vostro nipotino a Natale o avete paura che sua madre pensi che state provocando? Pensate a noi che provochiamo e ostentiamo quando guardiamo con occhio da triglia la persona che amiamo.

Avete notato che noi diciamo persona per nascondere il nostro amore, voi che mettete la fede al dito senza pensarci? Avete fatto qualcosa per farci capire che potevamo far cadere il teatrino, che non ve ne sareste andati, che non ci avreste sputtanato?

Quando il vostro compagno di classe si beccava del [gesto sull’orecchio e polso pendulo], avete detto qualcosa o avete avuto paura di finire nella lista dei finocchi? Magari avete detto qualcosa, ma poi avete compensato con una battuta sul sapone nelle docce comuni? Avete comparato quanto è realistico il terrore che un gay violenti un maschio etero e quanto è realistica la paura che un maschio (più o meno etero) faccia strage di gay?

Il mese scorso avete detto che in fondo cosa conta il nome ‘matrimonio”, se vi sentite attenti alle notizie magari avete aggiunto che è un po’ un peccato quella cosa dei figli ma quelli che possono permettersi l’avvocato andranno in tribunale (gli altri si attaccano, però: e magari vi dite di sinistra)? Avete tirato un sospiro di sollievo perché ora si passava ai Problemi Veramente Importanti, mica le formazioni sociali specifiche? Avete pensato alla nostra dignità? Avete pensato al vostro quieto vivere?

Quando qualcuno dice che il Pride è una carnevalata, si dichiara schifato dalle drag mezze nude, che fate? Dite che è vero anche a me non piace, non sta bene? Ci giustificate nascondendoci, dicendo che ma no, quelli normali sono di più? Oppure dite che i diritti umani spettano agli esseri umani, non a quelli che fanno i bravi? Sapete chi era Sylvia Rivera e raccontate la sua storia?

Ma anche se avete fatto tutto dalla nostra parte, se avete studiato e fatto i compiti, se avete percorso tutta questa strada al nostro fianco, cari etero: proprio perché ci siete stati vicini dovreste averlo capito.

Non siamo uguali. Le nostre vite sono diverse.

Quindi ora state zitti e lasciate parlare noi per cui dire qualcosa dei nostri amori, di chi siamo, è un rischio da quando avevamo tredici anni.

Ho sempre pensato, da positivista, che le parole fossero abbastanza per capire. Magari un po’ di ausili multimediali (i danni di una madre insegnante del liceo, son traumi pure quelli). Io ti spiego bene, tu capisci, le nostre menti saranno una cosa sola.

Poi ho vissuto.

Credo sempre al valore dei dati statistici e della logica, penso che la scienza sia un culmine dell’esperienza umana. Non credo più che basti. Ho vissuto abbastanza da sapere che non basta. Me l’avrebbe dovuto insegnare Star Trek: i Vulcan sono i primi a capire che la logica non basta per un mind meld.

Credo che abbiamo bisogno delle storie degli altri. Se la logica perfetta manca il bersaglio, non resta che l’approssimazione degli altri esseri umani. Quegli altri esseri che non sono te, che mettono in chiaro che non sono te, e proprio per questo ti raccontano un pezzetto di se stessi.

Ecco qui un pezzetto di me. Attenzione: seguono livelli di milanesità inquietanti. È un’ennesima parte della mia identità.

La prima volta che sono andata in un locale gay

La prima volta che sono entrata in un locale gay avevo vent’anni, era venerdì sera, e mi avevano appena diagnosticato il secondo tumore. (Buona parte dei miei aneddoti contengono frasi come “quando mi hanno tolto la milza”, ma questo è un altro problema.)

Avevo chiamato in lacrime la casa dell’Erica, la base semiufficiale del giro di amici. Erica aveva risposto che ieri sera sono andata agli MTV Movie Awards e sono stanca (ciao Erica, se mi leggi questo è il vaffanculo che avrei dovuto spararti sui denti all’epoca), ma poi gli altri l’avevano convinta a uscire. Erano seguite tre ore di Erica-show che cercava di slinguarsi qualunque maschio di passaggio per Brera. Disperata, avevo preso il Fumagalli, il mio povero ex che aveva capito da tempo, e gli avevo chiesto di accompagnarmi fino alla festa della Lista Lesbica Italiana.

Perché sì, avevo un computer con internet, quasi novissima cosa nel 1998, e mi ero iscritta alla mailing list (vi ho già detto che erano gli anni ‘90?) delle lesbiche, in un segreto degno dello S.H.I.E.L.D. Avevo dovuto confermare di essere una femmina (doppio cromosoma X, e buongiorno transfobia: nel caso idealizzaste i bei tempi andati) facendo una telefonata alla mitica Roberta Calì, fondatrice; l’avevo chiamata dal un telefono pubblico davanti a Fiorucci in corso Vittorio Emanuele, di sabato, sotto i saldi, parlando a voce bassissima. Ma l’avevo fatto. Black Widow ain’t got shit on me.

Sapevo che le lesbiche esistevano. Almeno online. E in qualche film, e quella Ellen in America aveva detto di esserlo e infatti avevano chiuso la sua serie. Non sapevo che esistessero i bisessuali, ma questo meriterebbe un altro articolo. C’era una lesbica dichiarata nel mio liceo (ciao Francesca, se mi leggi questo è un abbraccio, spero tu abbia una vita bellissima). Ero andata alla manifestazione del 25 Aprile 1994 perché avevo letto sul Corriere che ci sarebbe stato uno spezzone dell’Arcigay e avevo visto due donne abbracciate in Piazza San Babila, e solo quello era valso il pomeriggio con un gruppo di ex-sessantottini che si lamentavano di quanto Berlusconi fosse volgare, tutto quel sesso. Sapevo che c’erano locali gay, il Lelephant era in fondo alla mia via e online ripetevano Il Recycle. Non avevo mai avuto il coraggio di entrare in uno di quei posti, ci giravo intorno curiosissima e terrorizzata dalla mia curiosità. Ma quella sera dovevo crepare di cancro: non importava nulla.

Avevo raccattato il Fumagalli, appunto, e gli avevo chiesto di accompagnarmi al famoso Recycle. C’era sciopero dei mezzi, secondo il principio quando piove diluvia. Avevamo camminato un’ora e mezza lungo viale Jenner, fino alla porta che lui non poteva varcare: nel weekend l’ingresso era riservato alle donne (buongiorno separatismo).

Ero salita al primo piano.

Il locale era un appartamento trasformato in tre stanze con un bar.

Le pareti erano decorate con dei pezzi di macchinari arrugginiti, molto carino, hipster ante litteram.

Il mobilio era 100% IKEA, tranne biliardo e calcetto (il vero test della solidità di una coppia, a prescindere dall’inclinazione sessuale).

Ed era pieno di donne. Lesbiche.

Alcune erano abbracciate. Altre no.

Due si baciavano.

E la mia testa di colpo conteneva solo un pensiero: sono tutte come me e io non sono sola e io esisto davvero.

Io non sono sola.

Io posso esistere.

Io esisto.

La festa era mezza finita, ero in ritardo come sempre, ero imbarazzata e imbranata come sempre. Non mi è mai passata una vaga paura delle donne in gruppo. Non ero diventata un supereroe, non lo sarei mai diventata.

Nella ricerca di quei baci che vedevo lì avrei trovato relazioni orribili. Leggendo oltre i confini avrei capito che i bisessuali non sono Infidi Infiltrati, e mi sarei definita una di loro con l’orgoglio che mi aveva insegnato quel luogo. Avrei imparato parole come transfobia e avrei iniziato a condannarla anche (soprattutto) nelle donne che amano le donne.

Ma quel locale, quella notte, mi ha salvato. Imperfetto e limitato come tutte le imprese umane, quel locale mi ha reso me stessa come nulla avrebbe potuto fare.

I locali gay sono un luogo sacro.

Anche quando sentite un gay che vi dice ah i locali non mi piacciono: quello è l’equivalente di un ateo. La cosa ha dignità (un po’ meno se dite cazzate tipo alcuni matematici rappresentanti dell’UAAR, magari); ma anche quel gay, nel momento in cui dice “i locali”, li riconosce come un luogo a parte.

I locali gay sono il diritto d’asilo di una comunità che deve considerare con cura ogni passo, ogni mossa, ogni sguardo: non è sempre possibile che quei due frufru siano cadetti di West Point, e comunque l’addestramento militare non è sufficiente. Nel locale di Orlando c’era un reduce dell’Afganistan, un Marine. Ha salvato settanta vite umane. Non basta.

Hanno sparato nella nostra chiesa.

E no, non hanno sparato nella vostra.

Cari etero, non siamo uguali.

Oh, certo, in un mondo perfetto, in teoria, nel cuore… No, aspetta: voi avete paura, nel cuore, a dire che a casa vi aspetta qualcuno? Il nostro amore non è uguale: ci ammazzano, per il nostro amore. Ci sbattono fuori di casa, perché potremmo amare. Le nostre famiglie sono formazioni sociali specifiche (quanto mi piace la ricchezza espressiva della bestemmia, così specifica della lingua italiana).

A Orlando non hanno attaccato l’Occidente Tutto. Hanno attaccato noi gay, lesbiche, bisessuali, transgender, queer.

Cari etero, voi potete stare male per noi, ma non starete mai male come noi.

Vi mancano i riflessi pavloviani, l’imprinting di una vita.

Volete lottare per un mondo in cui Orlando è un attacco a tutta l’umanità? Benvenuti. Sedetevi pure. O magari state in piedi, si vedono meglio le drag, lo spezzone di ebrei, cristiani e musulmani gay, le coppiette con i figli a spasso e Gandalf che si fa le foto con le nonne.

Ma ricordatevi: il palcoscenico è nostro. Voi siete i tecnici di scena (io amo i tecnici di scena e gli editor e i produttori), gli alleati, il servizio di security.

Tirate dentro altri. Smettetela di preoccuparvi della rispettabilità, rompete le scatole, non lasciatene passare una agli omofobi (e agli “io non sono omofobo ma”, che sono i peggiori) e pensate che loro a noi non ne lasciano passare una.

E ascoltate le nostre storie.

Sarà meglio di un mind meld, sarà un mondo intero, insieme.

Filmografia consigliata

Pride: storia vera, capolavoro irresistibile. Fa anche piangere. Fa anche ridere. Fa capire un mondo intero.

Nota

Una versione di questo pezzo è apparsa su Medium e un’altra versione su Abbiamo le prove